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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), XI, 30
 
originale
 
30. Hactenus divini somnii suada maiestas, quod usus foret, pronuntiavit. Nec deinceps postposito vel in supinam procrastinationem reiecto negotio, statim sacerdoti meo relatis quae videram, inanimae protinus castimoniae iugum subeo et lege perpetua praescriptis illis decem diebus spontali sobrietate multiplicatis instructum teletae comparo largitus, ex studio pietatis magis quam mensura rerum collatis. Nec hercules laborum me sumptuumque quidquam tamen paenituit, quidni? Liberali deum providentia iam stipendiis forensibus bellule fotum. Denique post dies admodum pauculos deus deum magnorum potior et potiorum summus et summorum maximus et maximorum regnator Osiris non in alienam quampiam personam reformatus, sed coram suo illo venerando me dignatus adfamine per quietem recipere visus est: quae nunc, incunctanter gloriosa in foro redderem patrocinia, nec extimescerem malevolorum disseminationes, quas studiorum meorum laboriosa doctrina ibidem exciverat. Ac ne sacris suis gregi cetero permixtus deservirem, in collegium me pastophorum suorum immo inter ipsos decurionum quinquennales adlegit. Rursus denique quaqua raso capillo collegii vetustissimi et sub illis Syllae temporibus conditi munia, non obumbrato vel obtecto calvitio, sed quoquoversus obvio, gaudens obibam.
 
traduzione
 
Con queste parole durante il sogno la divina maest? mi persuase dicendomi cosa dovessi fare. Ed io senza rimandar la cosa e, per pigrizia, por tempo in mezzo, immediatamente, riferii al mio sacerdote la visione, mi rimisi a fare astinenza di carni, protraendo volontariamente quei dieci giorni di digiuno prescritti da una legge che si perde nel tempo, infine provvidi largamente al necessario per l'iniziazione attingendo pi? al fervore della fede che non alle mie effettive possibilit? e per davvero non ebbi mai a pentirmi n? delle fatiche n? delle spese sostenute, certo perch?, grazie alla munifica provvidenza degli dei, con quel che guadagnavo facendo l'avvocato cominciavo a passarmela abbastanza bene. Dopo pochi giorni quel dio che ? il migliore dei gran di dei, il sommo tra i migliori, il massimo tra i sommi il sovrano tra i massimi, Osiride, mi apparve in sogno, non sotto altre spoglie ma nel suo vero aspetto e si degno di rivolgermi la sua veneranda parola. Mi esort? a continuare risolutamente la gloriosa professione di avvocato, senza lasciarmi intimorire dalle calunnie malevoli nate soltanto dall'invidia per la mia dottrina e i miei studi tenaci. Infine, perch? io non attendessi alle pratiche del suo culto confuso tra la schiera dei suoi iniziati, mi volle nel collegio dei pastofori, anzi proprio fra i decurioni quinquennali. Cos?, di nuovo, con i capelli completamente rasati, senza velare o nascondere la mia calvizie, anzi mostrandola a tutti, io con gioia mi dedicai ai doveri di quell'antichissimo collegio fondato ai tempi di Silla.
 

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